Quando l’Asana fa Paura:
Comprendere e Accogliere la Paura sul Tappetino
Come insegnante di Yoga, mi capita spesso che la difficoltà in un’Asana non sia solo fisica. A volte, dietro un “non riesco” o “mi fa male”, si nasconde un messaggio più profondo: “Ho paura”.
La paura è un’emozione primaria e universale, essenziale per la sopravvivenza, attivata dal sistema nervoso autonomo per proteggerci da un pericolo. Dal punto di vista evolutivo, la paura ha salvato le nostre vite permettendoci di evitare pericoli. Tuttavia, quando diventa cronica o sproporzionata rispetto alla situazione reale, può diventare limitante e persino patologica.
Effetti della paura sul sistema nervoso ed endocrino
Quando percepiamo una minaccia, il nostro corpo attiva una risposta di stress acuto, guidata da una stretta collaborazione tra sistema nervoso e sistema endocrino. Secondo la neuroscienza, la paura è una risposta automatica mediata dall’amigdala, struttura del cervello limbico che elabora gli stimoli minacciosi. L’attivazione dell’amigdala stimola l’ipotalamo, che a sua volta attiva l’asse ipotalamo – ipofisi – surrene, con rilascio di cortisone e adrenalina.
Ma sul tappetino, in un ambiente sicuro, qual è il pericolo? La verità è che molte paure che emergono nella pratica non appartengono al presente, ma sono memorie registrate nel corpo, stratificazioni emotive e simboliche: il corpo si ricorda di cadute, blocchi emotivi, traumi o esperienze passate non elaborate.
“Il corpo conserva il trauma. Anche se non possiamo verbalizzare un’esperienza, essa può vivere nei nostri muscoli, nella nostra postura, nella nostra respirazione.” (Bessel van Der Kolk, “Il corpo accusa il colpo”)
Cosa ci dice la Psicosomatica?
La visione psicosomatica ci offre una chiave preziosa per comprendere queste dinamiche. Le emozioni, se non espresse, non spariscono: si spostano nel corpo. Il corpo “parla” quando la mente non ascolta.
La paura non è da combattere, ma da accogliere come messaggera. Spesso i timori legati alle Asana hanno un significato sottile.
Le inversioni (come la candela o la verticale) possono attivare la paura di perdere il controllo, di “capovolgere la prospettiva”, o antichi traumi.
Le aperture del cuore (come Ustrasana, il cammello) possono risvegliare la paura di essere vulnerabili, di “esporsi troppo”.
Le flessioni in avanti a volte evocano il bisogno di protezione, come se il corpo cercasse una posizione fetale contro il mondo esterno.
Le posture in equilibrio sollecitano la fiducia in se stessi, ma portano a galla anche la paura del fallimento o della caduta.
COME ACCOMPAGNARE LA PAURA NELLA PRATICA?
ACCOGLIERE – Creare uno spazio dove è legittimo dire “ho paura”, senza giudizio. Nominare l’emozione è il primo passo per trasformarla. Normalizzare la paura. “È normale avere paura quando si entra in una zona sconosciuta del corpo e della mente. Qui sei al sicuro.”
PROGRESSO GRADUALE – Non esistono posizioni “obbligatorie”. Offrire varianti e supporti aiuta a costruire fiducia un piccolo passo alla volta.
RESPIRO CONSAPEVOLE – È l’antidoto naturale della paura. Insegnare a restare nel flusso del Prana aiuta a regolare il sistema nervoso.
ASCOLTO PROFONDO – Ogni corpo ha un suo tempo. Non forzare significa onorare.
SPAZIO SIMBOLICO – Aiutare la persona a dare un nome all’esperienza. “Cosa senti in questa posizione?” È un modo per integrare, non solo eseguire.
Lo Yoga non ignora la paura, al contrario, nei testi classici è vista come una delle barriere principali sul sentiero del risveglio interiore.
Nella Bhagavad Gita, Arjuna è bloccato dalla paura sul campo di battaglia della vita. Krishna gli insegna a vedere la paura come Maya (illusione) e a superarla attraverso la presenza interiore e il distacco.
La paura non è un nemico, è una maestra, un’alleata alla consapevolezza. Quando compare sul tappetino, ci invita a rallentare, a sentire, a scegliere. Quando un’allieva dice: “Ho paura”, ci sta aprendo una porta. È lì che comincia davvero il viaggio dello yoga.
Come scrisse il maestro Krishnamurti: “Il coraggio non è assenza di paura. È vedere la paura in faccia, comprenderla e lasciarla andare”.
E come insegnanti, possiamo essere lì, insegnare a danzare con la paura e non contro di essa. Non per spingere, ma per sostenere. Non per correggere, ma per accogliere.
Nel mio studio propongo percorsi individuali e di gruppo che i integrano Yoga, bioenergetica e ascolto profondo. Scrivimi per un colloquio conoscitivo o vieni a provare una lezione. Namaste!